Manzetti Civettoni
Come sempre, l'acqua aveva portato benessere anche nella "bassa" lombarda e aveva contribuito a far prosperare anche il piccolo casaro, proprietario ormai di un certo numero di vacche, affittuario su terreni da pascolo di proprietà di piccoli proprietari milanesi.
Alle soglie dell'età moderna si assisteva così a uno stretto parallelo tra lo sviluppo manifatturiero e quello commerciale ed agricolo, unito alla produzione casearia sempre in aumento, produzione che non era certo da meno di altre tipiche della Lombardia, come gelso, vino, lana, legno.
L'invasione spagnola e il lungo dominio della Spagna sulla Lombardia, l'apposizione di dazi e balzelli, frenerà per lungo tempo il commercio di formaggio lombardo e principalmente di quello a media conservazione (Taleggio e stracchini di Milano). Ma fatta la legge, trovato l'inganno! Perché i casari del Lodigiano, del Cremonese, della Bergamasca, della Valsassina trovano modo di portare i loro prodotti verso Milano, evadendo il dazio, emuli di quel famoso Giovanni Moco, santangiolino, dei tempi dello Sforza.
La curiosa storia dei "manzetti civettoni"
Solo che non occorrono sortite notturne come ai tempi del Moco e di Cicco Simonetta, non occorrono corvée di contrabbandieri che nottetempo raggiungano la città. Basta ...mettersi d'accordo, e gli Spagnoli sono famosi per i loro "accomodamenti" pacifici coi mercanti.
E nasce la storia dei "manzetti civettoni".
Importare carni a Milano era severamente vietato, a meno di pagare pesantissimi dazi: i tanti balzelli imposti dagli spagnoli, colpivano una volta di più produttori e cittadinanza, e ben lo descrive il Manzoni ne "I Promessi Sposi".
Occorre quindi un preciso "accordo" con certe guardie daziarie compiacenti, che arrotondano il magro stipendio in dobloni di Spagna con qualche "affare" di tipo privato. I manzetti vengono portati in città ed introdotti strizzando l'occhio alla guardia giusta (da qui il "civettoni") che vedi caso, viene compensata per essersi voltata dall'altra parte nel preciso istante in cui il contadino introduce i sacchi con la sua merce preziosa, o porta alla cavezza il manzetto destinato al beccaro in città.
Il bello è che - transitato il "contrabbandiere" - la guardia si rigira e dinnanzi alla sua garitta trova immancabile una bella forma di "stracchino quadro di Milano": il nostro Taleggio, moneta di scambio per un contrabbando proficuo e diffusissimo.
Del resto una "bustarella" in squisito Taleggio lombardo non è affatto da disprezzare e per giunta può essere sempre giustificata: corruzione, per gli Spagnoli, significa "accettare denaro" ma non "regali spontanei" come in questo caso. Del resto, gli Spagnoli sono anche gli inventori delle "Spontanee allegrezze comandate" che i cittadini milanesi dovettero "spontaneamente" organizzare in occasione delle nozze di una Infanta di Spagna, venuta a Milano a farsi il corredo, "spontaneamente" offerto dalla "cittadinanza festante".
Comunque, grazie al Taleggio, i manzetti arrivano regolarmente in città e vanno ai destinatari senza intoppi e senza tasse!
Di queste storie legate ai secoli di dominazione spagnola parla diffusamente anche il Verri, nella sua "Storia di Milano".
Mentre dell'uso imperante del Taleggio parla "Il nuovo cuoco milanese" (edizione del 1791) citando i formaggi tipici prodotti in Lombardia.
Del resto proprio lo "stracchino quadro di Milano" ossia il nostro Taleggio, era ambito richiamo nelle fiere di merci e bestiame (fiera di Lodi, di Monza, del bergamasco) tenute in Lombardia per le varie ricorrenze.
Esempio quello della fiera di S. Giovanni che si teneva il 24 di Giugno di ogni anno e che vedeva convenire a Monza dalla Valsassina tutti i casari esperti nella fabbricazione del Taleggio coi loro prodotti. La fiera durava quattro giorni interi e richiamava gran copia di pubblico anche da tutto il Milanese.
I pascoli sono ancora estesissimi se alla data del 1530, nella sola zona di Desio,la superficie censita dei terreni è di 83.148 pertiche, di cui solo 29.661 sono coltivate.
I caratteri dell'agricoltura della zona di altipiano, caratteristica della produzione del Taleggio, e delle zone di pianura in cui la produzione del Taleggio era stata portata dopo le bonifiche, possono essere ricostruiti in base alla documentazione raccolta dai Misuratori del Ducato di Milano, che a partire dal 1549 batterono tutte le campagne del Ducato stesso, per determinare su quali basi si sarebbe calcolata la ripartizione dei "mensuales" e delle altre imposte dirette.
Sulle superfici del Ducato le destinazioni erano "aratorio semplice", seguito da "aratorio vitato", prato e pascolo.
E comunque l'ambiente non aveva ancora assunto caratteri di forte omogeneità, come poi avvenne in seguito.
Ma è possibile cogliere un importante carattere distintivo: mentre nell'analisi del 1530 le coltivazioni si aggiravano attorno al 70% delle superfici censite, nel 1549 e più avanti il rapporto si ribalta: 70% di pascolo e 30% di coltivazioni.
I contadini delle zone più vicine a Milano si sono inurbati, al loro posto sono calati a valle contadini e casari di zone montane e delle valli, allettati dal miglior clima, dalla vicinanza con la città, dalla possibilità di vendere meglio la propria merce e i propri prodotti.
Sono casari e pastori che hanno occupato i territori lasciati liberi dal contadino inurbato. Non è un fenomeno straordinario, ma che si ripete per secoli, e che si è ripetuto anche ai nostri giorni. Infatti l'inurbamento della popolazione indigena in alcune zone, ha provocato solo un momentaneo abbandono di certe terre. Perché queste terre sono state ben presto occupate da casari e pastori provenienti da zone più impervie o di minor redditività; comunque di terre "sempre più a valle", visti i disagi della vita nelle valli e nelle montagne.
E' l'esempio tipico dei pastori sardi, in Toscana e nell'entroterra ligure, zone in cui oggi è possibile reperire "prodotti tipici" del settore caseario, un tempo esclusivi della Sardegna. Coi pastori delle leve montane e valligiane, arriva anche il bestiame: e si potenzia la fabbricazione del cacio lombardo, ossia del nostro Taleggio, in tutta la Lombardia.
La produzione casearia è pur sempre di tipo famigliare, ma diviene una delle attività più diffuse in tutta la regione. La facilità di far pascolare bestiame fino ai mesi autunnali, consente così di produrre buon latte, abbondante e adatto alla fabbricazione del Taleggio.
Tale tendenza si manifesterà anche nei decenni successivi alle prime emigrazioni di massa verso la piana lombarda, dopo il 1549.