Fame in seminario
Si sa che Antonio Ludovico Muratori fu storico insigne, ma in età giovanile -quando si trovava seminarista in Milano- Muratori si dilettava di ben altro: ossia scriveva non di storia ma di cucina, con ricette in latino maccheronico.
La fame dei diciotto anni evidentemente gli stimolava ... la vena poetica! Fame conosciuta anche a casa sua, se ogni tanto gli giungevano a Milano lettere e viveri di conforto. Del 1692 una lettera scrittagli dal cognato Giacomo Barocchi,in cui tra l'altro si dice:
" .. aff.mo cognato, vostra madre saprebbe volentieri come ve la pasate, se corto di denari,se vi è rimasto per il periodo gnente. Vi manda quatro torteli involti in una cammisa, e libbre due di formaggio della Val Imagna che tanto voi gradite .. "
Si tratta del quartirolo Taleggio della Valle Imagna, (Bergamo) di cui il Nostro era ghiottissimo, e a ragion veduta, visto che Muratori era un buon gustaio. Ormai il nostro taleggio -conosciuto ed amato in Lombardia- prendeva il via di altri lidi apprezzato come abbiamo visto,anche all'estero.
Dopo i lavori compiuti in Lombardia dal Magistrato delle Acque ser Leonardo da Vinci, assistiamo ad un profondo mutamento non solo nel paesaggio ma anche nell'organizzazione territoriale e nella distribuzione del lavoro.
Cogliamo come unico esempio il movimento di genti e di confini della Brianza, essendo questa zona dotata di monti, vallate,acque e pianure da pascolo e da coltivazione e proveniendo molti casari esperti da queste zone e da quelle limitrofe della Valsassina e della Bergamasca.
E attingiamo le varie notizie da testi che citeremo man mano.
".. I compartimenti territoriali di queste zone furono i contadi, e più precisamente quello di Milano, cui apparteneva la corte di Monza, quello della Martesana comprendente le pievi di Agliate Asso,Brivio,Desio,etc. e quello della Brianza e quelli della Balzana .." (Giulini "Memorie spettanti alle storie al governo e alla descrizione della città e campagna di Milano né secoli bassi -Milano 1854- con elenco delle singole pievi").
" ..notevoli mutamenti furono portati nel periodo del predominio francese, sparendo le pievi sostituite da cantoni,distretti,comunità e dipartimenti Il Più difficile da documentare è una analoga tendenza dei mercanti di questo periodo e dei milanesi abbienti a effettuare investimenti territoriali nella pianura lombarda.
Gli effetti di questo rinnovato interesse per la terra si tradussero in un miglioramento generale della attività agricola,dei pascoli,del bestiame copioso, dei prodotti ricavati dal latte.
E' il caso di Giovanni Rottole da Milano che nel 1437 otteneva dal duca Filippo Maria di estrarre acqua dal fiume Seveso per migliorare i pascoli e potenziare così i propri allevamenti bovini,al fine di aumentare la sua produzione di formaggi e latte.
L'opera di Leonardo viene comunque a coronare un desiderio comune a tutti i Lombardi, che volevano vie d'acqua facilmente navigabili per il trasporto delle derrate alimentari in città e in tutto il territorio.
Non dimentichiamoci mai che Milano ha sempre sentito la mancanza di uno sbocco d'acqua, che una dei "lai" milanesi, un desiderio sospirato,è sempre stato il famoso " .. se a Milano ci fosse il mare .. " e che questo desiderio venne al meno in parte esaudito dalle opere Leonardesche, con il taglio di canali navigabili che consentissero di portare merce in città per le comode e sicure vie d'acqua.
La stessa costruzione del Duomo, iniziata in tempi più antichi, aveva trovato ausilio nei corsi d'acqua navigabili, che consentivano di portare fino nel cuore della città il materiale destinato alla costruzione della Cattedrale: ne fa fede il fatto che ancor oggi molte sono le vie prospicenti al Duomo che denunciano la propria origine come "vie d'acqua" (Laghetto, Poslaghetto, Darsena, Naviglio, tutte strade e piazze in cui i barconi provenienti da Candoglia portavano il marmo alla Fabbrica del Duomo).
Il trasporto per via d'acqua costava anche molto meno al mercante, era sicuro da attacchi proditori, più agevole data la maestria dei barcaioli e dei "maestri di remo" , più facile se i barconi venivano trainati grazie a un cavo collegato a terra con bestie da traino. Tutto il Ducato, con Leonardo, viene solcato da comode vie d'acqua, sicure e sempre in funzione, non bisognose di manutenzione particolare.
I caseifici che si avvalgono delle vie d'acqua sono ancora piccolissimi: si può parlare di piccole imprese a carattere famigliare, non si possono certo chiamare "industrie", neppur lontanamente. Ma intanto la produzione effettuata capillarmente si accoglie nei mercati paesani,e in grossi borghi e centri agricoli. Ed è tanto abbondante che, affidata poi alle mani abili dei mercanti, può soddisfare la richiesta non solo di tutto il Ducato, ma anche di città e luoghi lontani: in questa epoca si sa già che il nostro Taleggio viene esportato anche a Londra, oltre che nei Paesi Bassi!
Anche l'amministrazione finanziaria del tempo non crea ostacoli al libero commercio.
Infatti l'amministrazione finanziaria, l'ordinamento giuridico non si discostavano troppo da quelli antichi longobardi, che favorivano i commerci. Ciò è precisato dal Solmi ( " Aniministrazione finanziaria della Lombardia nell'alto medio evo - Pavia 1932 "). " .. In questa parte d'Italia non si è verificato il sistema curtense, da concepirsi sulla base dei grandi fondi, a territorio continuo. L'economia del tempo denunzia anche una mancanza di moneta spicciola per gli scambi, per cui il contadino stesso forniva al padrone, come fitto, prodotti della terra, come vino, cereali e grazie ai pascoli, formaggi ottimi e abbondanti .. ".
".. si realizza però una fitta rete di scambi, con trasporto di redditi in natura provenienti e affluenti sui mercati da vari possedimenti, per via di terra e per via d'acqua, con potenziamento delle località di transito e con concentramento di beni trasportati. ..".
".. Pastori, casari, lavoratori della terra, trovano così sempre l'appoggio di comunità religiose, proprietarie della maggior parte delle terre ..".
Nella regione a nord del Po, compresa tra l' Oglio e il Ticino, ossia nel Cremonese, nel Lodigiano,e nella Bergamasca, la situazione appare analoga:
la grande proprietà privata ed ecclesiastica annovera fondi di 700/1000 jugeri romani,divisi in "curtes" di 200/400 jugeri.
Vi sono ancora grandissimi proprietari, come il "Vir Magnificus Rottopert" di Agrate, i cui beni si estendevano dalla Brianza alla Valsassina tutta.
Ma inizia anche da questo periodo l'affrancamento del contadino dal padrone, cosicché la piccola produzione casearia appresa dai casari della Val Taleggio promuove lo spezzettamento della proprietà: perchè fornisce un piccolo reddito al contadino produttore.
La vendita viene effettuata al mercato più vicino, o tramite i "negoziatores" o "negoziatori", figure già note dai tempi di Sant'Ambrogio. Nascono anche piccole fattorie in cui il casaro è anche contadino e pastore. Il "negoziatore" è figura tipica, è mercante ma anche persona di fiducia, sensale, fa spesso funzioni anche di notaio è il trait-d'union tra il produttore di formaggio e l'acquirente.
Vi sono negoziatori che hanno addirittura incarichi ufficiali dai vari ordini conventuali,quasi un appalto in esclusiva: è il caso di tale "Christianus negotians in Mediolano" che è testimone in tutti i documenti redatti tra l'anno 861 e l'anno 875 e che si trovano nel Monastero di S.Ambrogio a Milano. Sono atti che riguardano Milano, ma anche tutta la Lombardia, e molti tra essi riguardano proprio la compra-vendita di prodotti caseari tra cui il nostro stracchino quadro di Milano.
Nell'ultimo documento, accanto alla firma di Christianus, compare quella del figlio Antelmo.
Questo"negotians de Mediolano" non tratta vendita di cose sue, ma ha il compito di smerciare i prodotti che vengono fabbricati nei territori di tutto il monastero, nei suoi fondi agricoli della Lombardia.
La figura del negoziatore-mercante assume una importanza nettissima in questo periodo storico,e anche successivamente. Il mercante negoziatore è arbitro degli acquisti ma anche pilota nelle scelte del consumatore. Suo il merito,quindi di diffondere dal 1400 in poi (ma anche precedentemente, solo che certe produzioni erano per loro natura destinate solo alle Corti dei Signori) l' uso del "formaggio lombardo" ossia il nostro Taleggio, in tutta la regione ma anche all' "estero".
A questo personaggio, che oggi con locuzione del nostro tempo potremmo definire "arbitro degli acquisti" o "opinion leader", si affianca il piccolo proprietario che istituisce una sorta di mezzadria con il contadino-casaro, asceso al ruolo di "livellario" ossia di "contadino con piccola produzione di formaggi in proprio".
Dice il Violante, ne "La società milanese":
".. Oltre ai contadini, ecco che nuovi proprietari vengono acquistande delle terre: sono generalmente cittadini appartenenti al ceto medio,preti, giudici, artigiani, negoziatori, monetari. Il ripopolarsi delle città come centro di scambio e di consumo, la ripresa dei traffici, li pone in condizioni più che favorevoli... .
Essi, oltre a possedere denaro liquido da impigare sulla terra, hanno maggiori possibilità economiche per inserirsi in quella che è una economia di scambio. Grande importanza ha inoltre un altro fattore: la mentalità dei cittadini che si sono formati da sé nelle temperie di un secolo tormentato. ..".
Ma se è cambiata la mentalità del cittadino, è cambiata anche quella del casaro: non più dipendente del grosso convento o del grande proprietario, egli si sente più autonomo. Il "Padrone" di Milano non lo controlla cosi dappresso tanto che anche se si tratta di fittuario, il contadino si sente "padrone della terra che lavora" , Così la sua produzione è autonoma: egli produce il suo "cacio lombardo",il suo Taleggio, lo vende al negoziatore o lo carica sul calesse o sull'asino e lo porta al mercato più vicino,o addirittura in città, per farne commercio, smerciandolo da sé o scambiandolo con altri beni di consumo.
Approfitta delle fiere e dei mercati per portarvi la sua merce, per fare scambi con altra merce che gli interessa, per portarsi appresso la moglie desiderosa di acquistare stoffe o altre derrate, insomma, fa commercio libero di quanto produce, visto che solo una piccola parte dei prodotti deve essere data al "padrone" che è milanese, fa altro lavoro che non coltivare terra e se ne intende poco, quindi è facilmente convincibile.
Il detto "scarpe grosse e cervello fino" si attaglia alla perfezione a questa figura di casaro-contadino lombardo. Anche assai differente da un tempo è il suo rapporto con il proprietario: che non è più convento o latifondista, ma cittadino, cittadino di Milano desideroso di un pezzo di terra in campagna, desideroso di quel verde che già ora a Milano inizia a mancare, vista la febbre di costruzione.
Soprattutto desideroso che quel pezzo di terra che ha comperato gli dia una certa copia di prodotti genuini, da un lato, e dall'altro gli dia la soddisfazione di poter dire al vicino "il mio olio, la mia uva, il mio vino, la mia farina, la mia verdura, il mio stracchino quadro ...".
Infatti non vi è mai, o quasi mai, richiesta di fitto in denaro da parte del proprietario. Il padrone-cittadino chiede al contadino-casaro beni di consumo, prodotti genuini.
E in molti atti conservati negli archivi ecclesiastici e tribunalizi o negli archivi mercantili del tempo, compaiono "patti misti":
tante moggia o staia di segale e miglio, ma anche vino, frutta, legno, fieno, Taleggio. Divisi a metà tra proprietario e contadino, in cambio dell'uso della terra, di una casa colonica, di acquisto di bestiame e migliorie, una sorta di mezzadria avanti lettera.
Nel Quattrocento questo regime contrattuale inserisce anche un "patto di miglioramento" con l'impegno del concessionario di costruire muri, stalle, case e mulini e di costruire istrumenti idonei alla fabbricazione del formaggio. E la produzione aumenta, mentre migliora la qualità.
Come sempre, l'acqua aveva portato benessere anche nella "bassa" lombarda e aveva contribuito a far prosperare anche il piccolo casaro, proprietario ormai di un certo numero di vacche, affittuario su terreni da pascolo di proprietà di piccoli proprietari milanesi.
Alle soglie dell'età moderna si assisteva così a uno stretto parallelo tra lo sviluppo manifatturiero e quello commerciale ed agricolo, unito alla produzione casearia sempre in aumento, produzione che non era certo da meno di altre tipiche della Lombardia, come gelso,vino,lana, legno.
L'invasione spagnola e il lungo dominio della Spagna sulla Lombardia, l'apposizione di dazi e balzelli, frenerà per lungo tempo il commercio di formaggio lombardo e principalmente di quello a media conservazione (Taleggio e stracchini di Milano).
Ma fatta la legge, trovato l'inganno! Perché i casari del Lodigiano, del Cremonese, della Bergamasca, della Valsassina trovano modo di portare i loro prodotti verso Milano, evadendo il dazio, emuli di quel famoso Giovanni Moco, santangiolino, dei tempi dello Sforza.